Qual è l’impronta carbonica dell’e-commerce? | Seven Senders Blog

Scritto da Connie Holubar | 29-lug-2023 8.50.00

Responsabilità sociale e sostenibilità sono priorità fondamentali per le aziende di tutto il mondo. Un recente studio esclusivo pubblicato da Seven Senders descrive le aree in cui gli e-tailer hanno maggiore potenziale per ridurre la propria impronta di carbonio (carbon footprint). L’indagine include inoltre le opinioni e le aspettative dei consumatori rispetto alle azioni degli e-tailer volte a proteggere il pianeta.

Roadmap 2025: la Sostenibilità nell'e-commerce europeo è uno studio che presenta i risultati delle ricerche più recenti e l’atteggiamento dei consumatori riguardo a sostenibilità ed e-commerce. Oltre a includere esempi di best practice per il settore dell’e-commerce, lo studio presenta i risultati di un sondaggio condotto dall’istituto per ricerche di mercato Appinio su 3.500 acquirenti online in Italia, Germania, Francia, Paesi Bassi, Austria, Spagna e Svizzera. Lo studio intende aiutare i retailer online a identificare e attuare metodi per migliorare il proprio impatto ambientale.

Il boom delle vendite online comporta un aumento di spedizioni, traffico e produzione

Il settore dello shopping online ha continuato a crescere per diversi anni, ma la pandemia ha dato un ulteriore impulso a questa tendenza, portando ad aumenti significativi delle spedizioni internazionali in tutta l’UE. Secondo un sondaggio del 2020, il 22% di tutte le vendite B2C nei 15 maggiori mercati dell’e-commerce europei proveniva dalle vendite internazionali1. Nel 2021 le vendite online internazionali sono cresciute di un ulteriore 17% in Europa, raggiungendo un volume totale pari a 171 miliardi di euro2.

La produzione di questo numero crescente di articoli provoca la maggior parte dei gas serra emessi nell’intero ciclo di vita dei prodotti. Infatti, nonostante la forte espansione, le vendite online hanno un impatto minore sulle emissioni legate a traffico e veicoli rispetto alle vendite tradizionali.

Il grafico di seguito illustra la differenza fra gli equivalenti in CO2 rilasciati per prodotto rispettivamente da e-commerce e store fisici tradizionali: 

Fonte Immagine: Oliver Wyman, “Is E-Commerce good for Europe?”, Economic and environmental impact study, p. 64

Considerando tutti i singoli contributi dall’intera supply chain (magazzino, vendita, imballaggio e trasporto delle merci a domicilio), separati in base alla tratta commerciale e al tipo di prodotto, i risultati sono unanimi. Gli studi mostrano che in più dell’80% dei casi l’e-commerce è più ecosostenibile delle vendite in store3.

Un altro fattore che migliora il bilancio ecologico dell’e-commerce è l’utilizzo, da parte di molti negozi online, di magazzini centralizzati o condivisi per lo stoccaggio dei prodotti. Un magazzino di grandi dimensioni che conserva i prodotti di 100 diversi negozi online consuma molta meno energia e produce un impatto ambientale inferiore rispetto a 100 magazzini differenti di dimensioni minori, ciascuno dedicato alla merce di un solo negozio.

Strategie per ridurre l’impatto ambientale dell’online retail

Con lo sviluppo del business, la maggior parte degli e-tailer diventa più consapevole di quanto si possano ridurre i costi e i rifiuti grazie all'uso di meno imballaggi e di packaging riutilizzabili e riciclabili. Le azioni per eliminare gli imballaggi in plastica monouso e creare buste di spedizione riutilizzabili si stanno rivelando non soltanto meno costose, ma anche più apprezzate dai consumatori. 

Ma non finisce qui: gli e-tailer stanno anche mettendo in discussione l’origine dei prodotti che vendono e rivoluzionando i metodi di trasporto che utilizzano per riceverli. L’acquisto di prodotti dall’Asia, con la conseguente spedizione per via aerea, produce una quantità di CO2 addirittura 25 volte superiore rispetto all’acquisto di merci in grande quantità spedite via mare e poi stoccate in un magazzino condiviso situato nell’UE4.

Mentre i costi del primo miglio possono essere gestiti tramite spedizioni di grandi quantità, spesso è l’ultimo miglio verso i singoli consumatori a produrre il maggiore impatto ambientale. È proprio qui che c’è un grande potenziale di miglioramento.

Le opzioni per il last mile in grado di ridurre le emissioni sono, per esempio, i veicoli elettrici, le biciclette o ancora i locker per la consegna out-of-home, dove i consumatori possono recarsi per ritirare i loro acquisti. Per concentrarsi sulla riduzione dell’impatto ambientale sono stati creati appositi strumenti di pianificazione digitale, che vengono continuamente migliorati.

La comunicazione è la chiave per una maggiore sostenibilità

Una delle best practice per la responsabilità ambientale dei negozi online consiste nell’accordare più attenzione alle informazioni sui prodotti e alle loro dimensioni. Questo aspetto riduce drasticamente i resi, i quali possono produrre fino al 25% delle emissioni all’interno del ciclo di vita del trasporto.

Anche comunicare chiaramente le opzioni è d’aiuto. Quando un cliente è consapevole del vantaggio ambientale delle opzioni di consegna disponibili (ad esempio ritirare l’ordine presso un punto di ritiro), il doppio dei clienti sceglierà proprio l’opzione più ecologica. Le opzioni sostenibili vengono scelte con più frequenza quando sono comunicate chiaramente, spesso con icone come la foglia verde.

La compensazione: un alleato per diventare più sostenibili nell’immediato

Un approccio che gli e-tailer possono adottare per ridurre il proprio impatto ambientale è la compensazione delle emissioni di CO2 derivanti dal trasporto, anche definita “offsetting”. Si tratta di un’alternativa in grado di offrire un percorso di transizione fra ciò che gli e-tailer possono fare nell’immediato e ciò che potranno fare in futuro, quando saranno disponibili processi di consegna dalle emissioni ancora minori. Seven Senders ha sviluppato un metodo per facilitare la compensazione delle emissioni per le spedizioni internazionali nel settore dell’e-commerce, che ha ottenuto la certificazione DEKRA nel 2021 e si articola in tre parti:

1. Calcolo del primo miglio – Il fornitore di servizi logistici conosce le tratte di trasporto specifiche e l’esatta distanza percorsa da un prodotto, dal mittente al destinatario. Inoltre, per ogni fase del trasporto sa quanti pallet sono stati caricati in quale tipologia di veicolo e quanti di essi sono attribuibili a quale cliente. Tali dati consentono di calcolare le emissioni di CO2 di ogni tratta di trasporto e suddividere la quantità di CO2 in base al numero di pallet trasportati per quel determinato cliente.

2. Calcolo della linea di trasporto del corriere ultimo miglio – La seconda fase consiste nel calcolare le emissioni di CO2 lungo la linea di trasporto successiva, dall’hub al deposito locale. In questo caso, il calcolo delle emissioni di CO2 si fonda anche sul peso trasportato in kg: più un pacco è pesante e più lontana è la sua destinazione, maggiori saranno le emissioni.

3. Calcolo della consegna ultimo miglio –  Giunti all’ultima tratta verso il cliente finale, il livello di sostenibilità dipenderà dalla scelta di consegnare la merce presso un PUDO (ossia un punto di ritiro e consegna) oppure direttamente a domicilio. A questo punto, le emissioni di CO2 della consegna last mile vengono calcolate e sommate a quelle delle due fasi precedenti. Dopo aver completato il calcolo delle emissioni, gli e-tailer possono compensarle tramite progetti certificati di tutela del clima.

Dov'è il maggior potenziale di miglioramento?

Come mostra lo studio, il livello di interesse dei clienti per il consumo sostenibile non è mai stato così alto, e sta crescendo anche la loro disponibilità a pagare di più per opzioni sostenibili. Il 90% dei consumatori con 18-24 anni, la cosiddetta “Generazione Z”, ha dichiarato che tutte le aziende dovrebbero dare un contributo positivo alla società e assumersi la responsabilità di tutelare l’ambiente5. Considerando che la maggior parte dei negozi online non offre un metodo di spedizione sostenibile al momento del pagamento, integrare la sostenibilità nel modello di business non può che andare a vantaggio degli e-tailer. 

Note:

1. Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia, Austria, Svizzera, Italia, Portogallo e Spagna in: Cross-Border Commerce Europe (2021). Top 16 Cross-Border EU Countries 2021 (https://www.cbcommerce.eu/product/top-16-cross-border-eu-countries/).

2. Cross-Border CBCOMMERCE.EU: Study Top 500 Cross-Border Retail Europe 2022 (Ed. 4)

3. Die Ökologisierung des Onlinehandels. 2020. S. 27. https://www.umweltbundesamt.de/sites/default/files/medien/5750/publikationen/2020_12_03_texte_227-2020_online-handel.pdf

 4. Oliver Wyman: Report; is e-commerce good for Europe, 2020, p. 9

5. The influence of ‘woke’ consumers on fashion, McKinsey & Company, Febbraio 2019